Balilla Bolognesi

Un anno nell’inferno di Kahla

Balilla Bolognesi, classe 1921, era nato in un piccolo paese dell’alto maceratese chiamato Esanatoglia nella Regione Marche, al centro dell’Italia. Era un soldato del1° Reggimento Genio, che alla data dell’8 settembre 1943, fatidico giorno dell’Armistizio, si trovava in territorio francese, a Modane, proveniente da Sisteron (Delfinato), dove il suo reparto, facente parte della IV Armata, era dislocato dal dicembre 1942. Dopo la firma dell’Armistizio divenne di fatto uno sbandato come del resto centinaia di migliaia di suoi commilitoni rimasti senza comando, e così iniziò la sua avventura per ritornare a casa. Balilla non aderì alla chiamata dell’Esercito della Repubblica di Salò.

A seguito del rastrellamento effettuato dai nazi-fascisti a Esanatoglia e in altri Comuni dell’Alto Maceratese, il 5 maggio 1944 venne preso e deportato in Germania, costretto ai lavori forzati nel Lager 1 di Kahla in Turingia. Rientrò nel suo paese natale il 26 luglio 1945 irriconoscibile (peso: 43 kg) a causa delle gravi deprivazioni oltre che psicologicamente provato da quella terribile esperienza, che ha segnato tutta la sua vita.

Balilla Bolognesi, al pari suo fratello minore Giuseppe visse in prima persona la tragica esperienza della deportazione nei campi di lavoro coatto a Kahla, vivendo così uno dei più grandi traumi del ‘900 che l’umanità abbia mai conosciuto. Dei 15.000 internati provenienti da 9 Nazioni, 6.000 morirono di fatica, di fame e di stenti in quei campi di lavoro coatto; di quelli che ritornarono a casa, tanti tennero dentro di sé i traumi e le esperienze derivanti da quella condizione di schiavitù a cui erano stati sottoposti dagli spietati kapò nazisti.

Ma a un certo punto della sua vita, che va dal 1988 al 2003, Balilla decise di portare le sue vicende private in una dimensione pubblica, perciò scrisse 3 Diari riguardanti la sua vita di soldato e di deportato, inizialmente a scopo familiare (perché i figli e i nipoti conoscessero quella parte importante della sua vita nei minimi dettagli), di cui una parte è stata pubblicata nel 2004 in un libro pubblicato da Affinità Elettive intitolato: Balilla Bolognesi – Diari di un deportato, con la collaborazione dell’Istituto Storico della Resistenza M. Morbiducci di Macerata e di Annalisa Cegna. Nei Diari vengono descritte “le sofferenze di persone condannate a lavorare fino allo sfinimento, fino alla morte, una morte ancora più terribile perché più lenta e dolorosa, come il morire di fame, di dissenteria, di edemi, di tubercolosi, di freddo, senza nessun conforto né materiale né spirituale”.

Il libro ha contribuito a portare alla ribalta la storia poco conosciuta della deportazione di Kahla, Lager simbolo della politica tedesca legata al reperimento di manodopera gratuita da asservire alla macchina bellica del Terzo Reich.

La pubblicazione del libro risultò altresì importante per mio padre anche perché da allora, divenne il Testimone di Kahlae come tale, si è prodigato fino alla morte (10 gennaio 2014) nella società civile, sia nell’incessante narrazione  ai giovani dei vari Istituti Scolastici del nostro territorio provinciale e regionale, come pure nel sistematico lavoro di recupero della memoria di Kahla, mantenendo i contatti con gli altri superstiti italiani e stranieri, partecipando fino al 2011 alle Commemorazioni Internazionali di Kahla in Turingia.

 Vogliamo dunque essere qui idealmente a celebrare insieme a voi la ricorrenza del 13 Aprile 1945 nel 76° Anniversario della Liberazione dell’ex Fabbrica d’Armamento REIMAHG nei pressi di Kahla, a tal proposito vorrei concludere questo breve intervento con le parole di nostro padre Balilla scritte a conclusione del suo libro:

“Dopo tanti anni di silenzio, io e molti altri reduci abbiamo capito che era nostro dovere il testimoniare; probabilmente, il trascorrere del tempo ha influito per l’avvicinarsi di noi testimoni alla fase finale della vita, ed ha risvegliato il bisogno di lasciare in eredità la nostra storia, perché è un ricordo che può e che deve insegnare qualche cosa alle nuove generazioni; ad esempio la fratellanza.

Noi ex deportati, con la nostra esperienza, invitiamo dal profondo del nostro cuore, alla riflessione all’umanità di ogni azione, al rispetto e alla tutela della dignità dell’uomo.

E’ un impegno per la salvezza dell’umanità! Odiate la guerra, con la guerra tutto è perduto; solo con la tolleranza, con il riconoscerci tutti uguali e fratelli e con la Pace, tutto è possibile.  

“Viva la Pace, che profuma di primavera!”

Un cordiale saluto a tutti voi

I suoi figli Bruno e Beatrice Bolognesi.
Esanatoglia li 31 marzo 2021

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